Ogni giorno inforca il suo scooter: quindici minuti nel traffico di PARIGI. Per spostarsi dal loft dove disegna con un gruppo ristretto di collaboratori le “sue” collezioni fino a uno dei templi dell’haute couture, DIOR.
Di sicuro gli hanno offerto la limousine con autista personale. Ma KRIS VAN ASSCHE, che dimostra ancora meno dei suoi 37 anni, è un giovanotto dall’aria semplice, riservato, per niente “show off”. «Per ispirarmi, la base di partenza è osservare come si veste la gente per strada».
Quel tragitto in scooter è una boccata d’ossigeno. Di vita vera. Arrivato a Parigi da Anversa, sua città natale, nel 1998, Kris diventò subito assistente di Hedi Slimane alla maison Yves Saint Laurent.
Braccio destro, a Dior Homme dal 2000, di Slimane, uno che ha rivoluzionato la moda maschile francese, si allontanò dal gruppo quattro anni più tardi per dar vita alla sua linea maschile (nel 2008 prima sfilata anche di quella femminile).
Nel frattempo, nell’ottobre 2007, è stato nominato direttore artistico di Dior Homme. Succedere al “maestro” Slimane, una bella sfida. Da allora il nostro vive questa dicotomia, fra la Kris Van Assche e Dior Homme. «Il fattore comune sono io. Ma il modo di lavorare è diverso. Nel primo caso i mezzi a disposizione sono inferiori. Non abbiamo un atelier interno e devo perfezionare nei minimi particolari il disegno del prototipo. Che, invece, a Dior Homme può essere ritoccato permanentemente: il disegno è un punto di partenza». Non solo: «Le mie collezioni personali riflettono con libertà i miei desideri. Quando creo per Dior Homme, invece, ho a che fare con un’eredità ben precisa. Che va rispettata».
La sua moda è minimalista, ma anche romantica e nostalgica. Qualcuno dice anche che tende a femminilizzare i capi per uomini e a mascolinizzare quelli per donne. Ma l’osservazione lo fa arrabbiare: «Già Marlene Dietrich dimostrò che non c’è donna più femminile di quella che indossa giacca e cravatta. Queste discussioni sono inutili».
I viaggi, quelli sì, lo ispirano. Uno a Buenos Aires, nel 2001, da solo per tre settimane, lo segnò in modo particolare: «Adoro l’Argentina. Lì la gente, quando cammina per strada, ti guarda in faccia. Qui a Parigi, invece, si guardano le punte dei piedi. Mi piace lo sguardo orgoglioso degli argentini: li rende più belli».
Kris è belga fiammingo. Dei belgi ha anche il PUDORE, l’UMILTA’. «Forse un aspetto tipico di noi creatori belgi è un certo senso della realtà, la ricerca costante di un equilibrio fra la nostra fantasia e quello che si può realmente indossare». Spiega questo seduto su una vecchia sedia di scuola. Belga, anche quella. «Proviene dalla scuola di cui mio nonno era direttore. Mia nonna abita ancora lì, in quell’edificio. Lei si cuce ancora da sola oggi i suoi vestiti. Quando ero bambino, mi ha incoraggiato molto: ho imparato tanto da lei. Non manca mai a una mia sfilata qui a Parigi. E’ la nostra mascotte».
Nella collezione invernale 2014 per Dior Homme, Kris Van Assche porta a galla, con movimenti rapidi e sicuri, l’anima marziale del vestire maschile, che poi è anche la più classica, ma la stravolge per via di sottrazione anziché di addizione.
Il suo GUARDAROBA include cappotti sovradimensionati e parka, giacche militari, gilet multitasche e denim, nonché abiti e cappotti sui quali gessature tradizionali sono trasformate in astrazioni lineari.
Distillata in una serie di capi iconici combinati in permutazioni inattese – jeans sotto il cammello, ad esempio, o sotto il suit sartoriale – la collezione ben riassume la pulsione corrente verso l’essenzialità del CLASSICO, inteso soprattutto come spirito. In altre parole, autenticità come baluardo rassicurante nel turbinio della crisi.
Stefano Matina
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