Da un po’ di tempo avevo in mente di scrivere un articolo sull’atteggiamento che hanno molti designer italiani verso l’Ikea, un atteggiamento passivo e poco costruttivo che denota, purtroppo, una fase discendente delle attitudini creative degli italiani stessi.
Quando ho iniziato a preparare questo articolo mi è venuta spesso in mente la vecchia canzone di Vasco Rossi “Colpa d’Alfredo”, perché mi sembra molto vicina al comportamento sopra descritto. In questa canzone, per chi non la ricordasse, il cantante si lamenta di questo Alfredo che riesce a conquistare tutte le ragazze (compresa quella su cui lui aveva puntato gli occhi) senza capire come facesse, eppure non sembrava avere attitudini particolari.
Da quando da noi è iniziato il boom dell’Ikea, i progettisti e le aziende non hanno fatto altro che lamentarsi che tutti andassero all’Ikea senza cercare di capirne il motivo e, in seguito, l’unico modo che hanno trovato per “combattere” questo fenomeno è stato iniziare a denigrare i prodotti Ikea.
Amici, l’Ikea non ha mai detto di avere prodotti di elevatissima qualità! La politica Ikea funziona, e anche bene, perché riesce a smuovere le emozioni delle persone senza toccarne troppo il portafogli. C’è da applaudire a questa intelligenza e cercare di capirne lo sviluppo per poter dare delle alternative; non serve a nulla parlarne male. L’Ikea ha basato tutta la sua politica produttiva su pochi fattori: design, basso costo, alta distribuzione. Nello scegliere questo approccio l’Ikea si è resa “educatrice”, ha cioè educato molti italiani al gusto, al design ed alla funzione, rendendo chiaro che spesso non serve spendere tantissimi soldi per avere un bell’appartamento in cui vivere. Questa forma di “educazione al design” ha permesso all’Ikea di stimolare i consumatori in maniera emozionale, dando loro fiducia (tu scegli, noi ti aiutiamo con degli esempi) e stimoli, cosa che non era mai accaduto prima nel campo del design e dell’arredamento in Italia.
Utilizzando i suoi prodotti, l’Ikea ha portato noi italiani verso uno stile che, in realtà, fino a pochi anni fa non ci apparteneva affatto. Lo stile nordico, così pulito e costituito da pochi pezzi d’arredo, non era quello che si trovava nelle nostre case agli inizi degli anni ’90; ora, entrando nelle case delle persone che conosciamo, siamo sospesi in una sorta di déjà vu continuo, ritroviamo mobili che possediamo anche noi o che abbiamo visto in altre case, certe volte anche con gli stessi abbinamenti! Ma questo è lo scopo dell’Ikea ed il suo lavoro lo fa bene. Per sostenersi deve avere per forza un’alta distribuzione. Quello che dovrebbero chiedersi tutti i progettisti è: “Posso competere con i prezzi Ikea? No! In quale altro modo posso competere?”
Un ottimo stimolo sarebbe quello di cambiare punto di vista, non pensare a cosa offre l’Ikea ma a cosa non è capace di offrire!
Siamo troppo concentrati a pensare alle quantità di oggetti da vendere per notare, come detto all’inizio, che è la qualità la leva con la quale cambiare la situazione. Si può convivere con l’Ikea quando ai suoi prodotti, di basso costo ed ormai visti e stravisti, riusciremo ad affiancare prodotti di alta artigianalità, con lavorazioni particolari, magari provenienti da culture particolari e da una filiera corta del design: prodotti che abbiano un’anima, capaci di suscitare emozioni e, poichè il plus-valore che ne deriva è la riconoscibilità, si è disposti a spendere di più. Questo è il motivo per cui, da un po’ di tempo, si è tornati al vintage nell’arredamento. Si recuperano mobili con determinate fatture artigianali o proto-industriali perché si sente il bisogno di riscoprire le lavorazioni e la cultura che c’era dietro ogni prodotto.
L’artigianato non vive un bel periodo, le piccole e medie imprese riescono appena a restare a galla nel migliore dei casi. Invece di capire come funzionava l’Ikea e trovare un altro modo per arrivare al cliente, abbiamo voluto provare a fare come l’Ikea, ci siamo concentrati sulla quantità perdendo secoli di cultura artigianale e tanta creatività. La sfida per l’Italia è questa oggi: ritornare alla qualità, al prodotto di nicchia, alle piccole serie.
Questo approccio, però, necessita di ricerca e di approfondimento; bisogna conoscere e studiare il know-how che abbiamo a disposizione e capire come farlo diventare il volano di uno sviluppo possibile e sostenibile. Insomma, invece che stare ad urlare contro Alfredo, chiediamoci cosa possiamo offrire noi che non siamo Alfredo. Evitiamo di terminare la canzone con questo lungo assolo che sa di auto-erotismo e mettiamoci, invece, un testo propositivo!
Credits: Le foto sono tutte prese da Google attraverso due ricerche per immagini (“furnished by IKEA” e “artisanal furniture”) tranne l’ultima che riguarda il gruppo di designer/artigiani Rota Lab di Roma.
Ultimi post di Angelo Bucci (vedi tutti)
- La perfezione dell’imperfetto - 9 Febbraio 2014
- Tutta colpa d’IKEA - 19 Gennaio 2014
- L’importanza di chiamarsi “Minimal” - 8 Dicembre 2013
Sono pienamente d’accordo! Ottima riflessione!
http://www.rougeandchocolate.com
Grazie Eleonora! 🙂